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- Written by Il Remington della Romagna
Il restauro lasciamolo a chi sa fare
Chi colleziona macchine per scrivere sa che almeno la metà dei pezzi che acquista sarebbe da “ripassare”. Si va dalla macchina con scatola che necessita solo di una pulizia generica perché in pratica non è mai stata usata, alla typewriter custodita nelle grotte di Frasassi al 99% di umidità che di buono ha rimasto solo il peso del ferro.
Fatto sta che se le macchine necessitano di restauro, è altrettanto vero che non tutti sanno farlo. Io, dal mio angolo di Romagna Remingtoniana, appartengo a quella schiera di collezionisti che a malapena sa spolverare la macchina senza far danni. Ma ammettiamolo, pure voi non siete tanto più in là. Anche se fate i “fenomeni” basta una gran molla scarica a mettervi in difficoltà. Almeno io lo ammetto. E voi?
Io ammiro due categorie: la mia, cioè quella di chi non sa fare nulla, e quella di chi sa far tutto nel restauro, di cui fa parte anche il titolare del museo Sir Scarzello (ma non diteglielo perché poi altrimenti ci crede davvero).
Spero che tu, lettore di questo istante, faccia parte di una delle due: hai tutta la mia ammirazione e la mia stima. Ma nel mezzo ci sono tutti gli altri, volenterosi, per carità, ma anche abbastanza maldestri.
A volte in giro si vedono macchine “pseudo-restaurate”, messe in vendita a peso d’oro, che fanno ridere. Solo che l’occhio profano non sa e non conosce e la fregatura può essere colossale.
Se restaurare una macchina significa cavargli la ruggine, allora basta andare da un qualsiasi carrozziere che di ruggine ne cava quotidianamente.
In realtà restaurare significa, nella maggior parte dei casi, ridurre a centinaia o migliaia di frammenti la propria macchina. Si pensi all’M1 Olivetti, considerata una delle più complicate in fase di restauro. Il restauratore vero è quello che smonta tutti i 6000 pezzi, li ripassa uno ad uno, li lucida per far tornare in vita l’antica nichelatura. E qui c’è l’inghippo del secolo. Molti restauratori, o che si definiscono tali, in realtà fanno cromare la macchina. In pratica, si deposita sopra ad ogni componente metallico ossidato uno strato di cromo. Può sembrare un lavoro ben fatto, ma vi sono due inconvenienti:
1)la macchina assume un coloraccio biancastro, sparato, per nulla simile all’originale
2)lo strato di cromo, che va ad aggiungersi al nichel e all’ossido, crea uno spessore che, in certi leveraggi millimetrici, può dare dei problemi di funzionamento
E questo è solo un esempio delle truffe restauratrici nelle quali si può incappare.
E non dimentichiamo che il vero restauratore ha una serie di attrezzi che neppure l’officina Ferrari si sogna. Considerato che attrezzi originali sono introvabili, il vero restauratore se li progetta e se li costruisce (o fa costruire). Diffidate di coloro che si millantano restauratori e poi nel loro laboratorio hanno due cacciaviti a taglio, uno a stella e tre chiavi inglesi. Questi rientrano nella categoria dei ‘cavaruggine’…
Per dettagli più tecnici, vi rimando all’apposita sezione dedicata al restauro. Se e quando Sir Scarzello avrà tempo e compiacenza di illuminare noi comuni typewriter collector mortali.
Firmato
Il Remington della Romagna